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Slow Fashon e Fast Fashion, perchè dobbiamo prendere parte alla rivoluzione

aprile 15, 2018
NicoLuna
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Slow Fashon e Fast Fashion, perchè dobbiamo prendere parte alla rivoluzione
aprile 15, 2018
All'inizio del mio Business, il mio obbiettivo era cucire. Io volevo solo cucire e non mi importava di tutto il resto. Facevo corsi, leggevo libri e non capivo le loro domande.
Seguendo altre ragazze, studiando, informandomi su questo mondo del fatto a mano che per me era nuovo, ho scoperto un' universo di possibilità, di risposte a quelle domande che non capivo ed è stato allora che ho iniziato il mio percorso verso la libertà.

Complice la NewsLetter di Gioia che invitava ad esporci, a prendere una posizione e il video di Enrica, che chiudeva con un quesito pari a "Chi ci a messo al mondo?" o "Cosa facciamo qui?" ho sentito il bisogno di scrivere la mia risposta e la mia posizione.

Enrica nel video chiedeva "Che impronta vuoi lasciare?"
Gioia nella NewsLetter scriveva "Un Business è fatto di valori: Quali sono i tuoi valori?"

C'è stato il panico all'inizio, dovuto più a quanta importanza si da a domande come queste che per la risposta arrivata come se fosse affiorata dall'acqua in quell'istante.
Prima c'è stata la certezza che anche se non siamo personaggi famosi, nel nostro piccolo possiamo  lasciare un segno con i nostri valori. E io vorrei essere si quella che cuce borse ma che lo fa con attenzione alla sostenibilità e all'etica dei materiali e nel rispetto dell'ambiente.
Quella che coinvolge chi ancora non sa nulla di questo argomento, come me all'inizio.
Vorrei diventare un puntino di riferimento per tutte quelle persone che credono che l'unione fa la forza e insieme possiamo cambiare le regole della moda.



Ho scoperto la Fashion Revolution qualche anno fa seguendo le mie colleghe ed è stato come aprire il vaso di Pandora. Ho seguito il movimento dal mio PC, dal telefono, ho letto articoli ma più di tutto ho iniziato a farmi domande come: "Chi fa i miei vestiti? Dove? E' felice di realizzarli? Comprando questa maglia contribuisco a che cosa? A chi sto dando i miei soldi?.."

C'è voluto un po' perché l'abitudine ad acquistare senza farsi domande è dura da togliere.
Ho capito meglio quando ho pensato alla situazione lavorativa che ho vissuto in GDO.
Avevo la soluzione ma non ci ero ancora arrivata, non avevo collegato le cose. Avevamo dei prezzi così bassi anche perché noi del personale eravamo sottopagati oltre ad essere trattati in un modo veramente indegno.

Le domande seguenti sono state: "Perché le persone non si chiedono come mai queste cose costano così poco? E io perché non me lo sono chiesto prima? Quando compro una T-shirt a  €5,00 perché non mi domando chi l'ha cucita? Se chi l'ha fatta è stato pagato in modo giusto?"

Perché non ci interessa degli altri, in quel momento il nostro obbiettivo è solo quello di comprare al minor prezzo possibile, risparmiare per comprare ancora e usciamo felici dai negozi con le buste piene e l'idea di aver fatto un affare con quei prezzi.

Ci comportiamo allo stesso modo, è naturale è un comportamento socialmente accettato, non siamo noi responsabili di tutto il resto, se i lavoratori sono ben pagati, se lavorano in sicurezza, quello che succede prima del nostro acquisto non è affare nostro.

Ed è qui invece che è iniziata la strada verso la consapevolezza di contribuire in modo involontario, automatico in qualcosa di cui io stessa sono stata vittima. Quel lavoro in GDO mi ha portata ad ammalarmi fisicamente e psicologicamente fino a costringermi a doverlo lasciare.
A confronto delle situazioni lavorative che ho letto seguendo la Fashion Revolution, la mia è stata una passeggiata ma in qualche modo mi ha aiutata a capire meglio a rendermi conto che il cambiamento deve partire da noi.


Come dice Spora, noi siamo milioni di culi. Lei lotta contro la strumentalizzazione della donna, una causa mastodontica che se ci pensi viene naturale dire "tanto non cambieremo mai nulla" e invece no, l'errore è tutto qui. Noi abbiamo il potere di decidere, siamo quelli con i soldi (pochi) che possono scegliere a chi darli.

Se devo acquistare una T-shirt la cerco da un artigiano in Italia, evito Terranova, H&M negozi di cineseria e simili, perché ho fatto una scelta, ho tratto le mie conclusioni e preferisco dare i miei soldi ad un Business che nel suo piccolo si impegna ad usare materiali riciclati, usa tecniche sostenibili e crede in quello che fa, crede che le sue scelte possono portare un miglioramento, possano cambiare le regole e io che credo nei suoi stessi valori, non compro solo una T-shirt fatta a mano in Italia, non è solo un pezzo unico, ma contribuisce a portare avanti quei valori.

Ora non è che non compro più assolutamente nulla made in Cina o dai negozi di Intimissimi, Zara e compagnia bella. Ho smesso di comprare roba su roba solo perché costava poco e questo è già un risultato oltre ad un gran risparmio. Quando spendo i miei soldi, sono consapevole di quello che faccio, a cosa contribuisco con il mio acquisto e questo mi rende libera.
La consapevolezza è una libertà. Pronta a diventare consapevole?

Anche per questo il freebie che ho scelto per chi si iscrive alla NewsLetter non è uno sconto ma un'infografica da scaricare subito e gratuitamente. Scoprila qui.

 
Nicoletta