Sono passati almeno tre anni da quando ho sentito parlare della Fashion Revolution Week e nonostante abbia incontrato moltissime persone che la conoscevano da tempo, ne ho incontrate tante altre che non avevano la minima idea di cosa sia e a cosa serva.
Ecco perché continuo a parlarne, anche se ho già scritto qui e qui su questa iniziativa che mi sta in mezzo al cuore, penso penso non sia mai abbastanza e in questo modo posso diffondere il messaggio.
L'inizio di tutto è stato con un avvenimento tragico nel 2013 in Bangladesh, il crollo del Rana Plaza, un edificio dove lavoravano persone in condizioni terribili e livelli di sicurezza inesistenti. Più di mille persone morte.
Persone che lavoravano per alcuni dei più grandi marchi di moda, persone che avevano denunciato la loro situazione ma erano state ignorate.
Questa è stata la scintilla che ha gettato luce sulla condizione lavorativa di chi produce abbigliamento per il mercato del Fast Fashion. Quasi sempre in paesi poveri dove i diritti umani sono praticamente inesistenti.
Insieme a questa tragica condizione, si è iniziato a parlare anche dell'impatto ambientale, ovviamente in negativo causato dell'industri del Fast Fashion.
Compriamo e buttiamo indumenti nel giro di pochissimo tempo, per la scarsa qualità dei materiali o semplicemente perché è così che siamo abituati, ad avere sempre qualcosa di nuovo.
Si genera una quantità di rifiuti immensa, senza pensare che i tessuti vengono stampati e colorati con sostanze chimiche che contribuiscono all'inquinamento.
Quindi il mio Shopping contribuisce all'inquinamento? Non solo, contribuisce e sostiene le condizioni di lavoro disumane di quelle persone che non vediamo, non conosciamo ma esistono!
Ma cosa posso fare io?
Tu, io, noi, possiamo fare la differenza, abbiamo il potere di acquistare e di scegliere!
Quando spendi i tuoi soldi, sta facendo una scelta.
Lo so, all'inizio è difficile capire come sia possibile che comprando quella maglietta io possa alimentare tutto questo. E' un cambio di approccio che si ottiene con il tempo, diventando più consapevoli e informandoci meglio.
La Fashion Revolution ci informa, ci invita a fare delle scelte, ci fa vedere cosa c'è dietro e spesso è qualcosa che non ci piace ma c'è e la cosa bella è che possiamo fare qualcosa di concreto noi, con le nostre scelte.
In questa settimana di Aprile, posta una foto con un indumento indossato al rovescio, usa l'hashtag #WhatsInMyClothes per sensibilizzare l'opinione pubblica ma soprattutto quei Brand che producono ancora a spese dei più poveri, sfruttando il loro bisogno di sopravvivenza.
So come ti senti se è la prima volta che leggi un post su questa situazione, perché mi ci sono sentita anche io. Cercavo delle giustificazioni, il fatto a mano per me è troppo costoso e non ho alternativa che continuare ad acquistare maglie scadenti a prezzi bassi.
Siamo circondati da una società che ci porta verso un'unica direzione, siamo cresciute con l'idea che pagare il meno possibile un indumento sia un affare e non ci facciamo domande.
La verità non è che da un giorno all'altro ho cambiato idea e non sono più succube del Fast Fashion, no, non è così che funziona. E' un percorso, dove farsi domande è solo la punta dell'icebarg.
Sei sicura che i prezzi del fatto a mano siano troppo alti o magari la verità è che i prezzi delle multinazionali sono troppo bassi??
E come fanno ad essere così più bassi rispetto a agli altri?
Di nuovo giustificazioni, perché io, da sola non posso mica cambiare il mondo?!
Forse è vero, ma sei sicura di voler continuare a sostenere questo sistema? Quei Brand che sfruttano le persone per farti pagare meno a spese degli altri?
E' un tema delicato, complesso, non si cambiano le proprie abitudini dall'oggi al domani ma non per questo dobbiamo continuare in questo modo.
Ecco, in sintesi sono questi i ragionamenti che ho iniziato a fare.
Non posso dire di aver smesso completamente, al 100% di acquistare vestiti, oggetti o altro solo perché costano poco, è una di quelle abitudini dure a morire ma almeno sono consapevole.
Quando non mi faccio trasportare dall'acquisto compulsivo, cerco di acquistare solo ciò che realmente mi serve. Possibilmente di qualità così che duri a lungo.
Scegliendo il fatto a mano ogni volta che posso, perché questa è la realtà che voglio sostenere e di cui voglio far parte.
Già da un pò ho smesso di acquistare stoffe che non rispettavano la mia idea di eticamente sostenibili. Ho scelto altri fornitori, ho avuto spese più alte ma più alta è stata anche la soddisfazione di contribuire con le mie scelte alla possibilità di migliorare il mondo in cui vivo.
Anche per queste ragioni, ho deciso di iniziare a creare abbigliamento.
Per quelle come noi, che amano il nero, uno stile un pò goth, rock e dark non è semplice trovare maglie e vestiti hand made in Italy. Il mercato del fatto a mano in Italia è ricco di artigiane fantastiche, bravissime ma usano troppi colori e fantasie di fiori, che mi piacciono ma che non indosserei neanche sotto tortura!
Diciamo anche che anni fa, ho avuto una terribile esperienza lavorativa, assolutamente non paragonabile a quella del Rana Plaza ma simile e questa situazione la vivo in un modo molto particolare.
La Fashion Revolution ti chiede di farti domande, di essere consapevole delle tue scelte e di far arrivare il suo messaggio a più persone possibili.
Compra meno, scegli meglio e fa che duri a lungo. E se lo dice Vivienne!!
Con questo post non avevo intenzione di ammorbarti o mandarti in crisi, solo farti riflettere.Ecco perché continuo a parlarne, anche se ho già scritto qui e qui su questa iniziativa che mi sta in mezzo al cuore, penso penso non sia mai abbastanza e in questo modo posso diffondere il messaggio.
L'inizio di tutto è stato con un avvenimento tragico nel 2013 in Bangladesh, il crollo del Rana Plaza, un edificio dove lavoravano persone in condizioni terribili e livelli di sicurezza inesistenti. Più di mille persone morte.
Persone che lavoravano per alcuni dei più grandi marchi di moda, persone che avevano denunciato la loro situazione ma erano state ignorate.
Questa è stata la scintilla che ha gettato luce sulla condizione lavorativa di chi produce abbigliamento per il mercato del Fast Fashion. Quasi sempre in paesi poveri dove i diritti umani sono praticamente inesistenti.
Insieme a questa tragica condizione, si è iniziato a parlare anche dell'impatto ambientale, ovviamente in negativo causato dell'industri del Fast Fashion.
Compriamo e buttiamo indumenti nel giro di pochissimo tempo, per la scarsa qualità dei materiali o semplicemente perché è così che siamo abituati, ad avere sempre qualcosa di nuovo.
Si genera una quantità di rifiuti immensa, senza pensare che i tessuti vengono stampati e colorati con sostanze chimiche che contribuiscono all'inquinamento.
Quindi il mio Shopping contribuisce all'inquinamento? Non solo, contribuisce e sostiene le condizioni di lavoro disumane di quelle persone che non vediamo, non conosciamo ma esistono!
Ma cosa posso fare io?
Tu, io, noi, possiamo fare la differenza, abbiamo il potere di acquistare e di scegliere!
Quando spendi i tuoi soldi, sta facendo una scelta.
Lo so, all'inizio è difficile capire come sia possibile che comprando quella maglietta io possa alimentare tutto questo. E' un cambio di approccio che si ottiene con il tempo, diventando più consapevoli e informandoci meglio.
La Fashion Revolution ci informa, ci invita a fare delle scelte, ci fa vedere cosa c'è dietro e spesso è qualcosa che non ci piace ma c'è e la cosa bella è che possiamo fare qualcosa di concreto noi, con le nostre scelte.
In questa settimana di Aprile, posta una foto con un indumento indossato al rovescio, usa l'hashtag #WhatsInMyClothes per sensibilizzare l'opinione pubblica ma soprattutto quei Brand che producono ancora a spese dei più poveri, sfruttando il loro bisogno di sopravvivenza.

So come ti senti se è la prima volta che leggi un post su questa situazione, perché mi ci sono sentita anche io. Cercavo delle giustificazioni, il fatto a mano per me è troppo costoso e non ho alternativa che continuare ad acquistare maglie scadenti a prezzi bassi.
Siamo circondati da una società che ci porta verso un'unica direzione, siamo cresciute con l'idea che pagare il meno possibile un indumento sia un affare e non ci facciamo domande.
La verità non è che da un giorno all'altro ho cambiato idea e non sono più succube del Fast Fashion, no, non è così che funziona. E' un percorso, dove farsi domande è solo la punta dell'icebarg.
Sei sicura che i prezzi del fatto a mano siano troppo alti o magari la verità è che i prezzi delle multinazionali sono troppo bassi??
E come fanno ad essere così più bassi rispetto a agli altri?
Di nuovo giustificazioni, perché io, da sola non posso mica cambiare il mondo?!
Forse è vero, ma sei sicura di voler continuare a sostenere questo sistema? Quei Brand che sfruttano le persone per farti pagare meno a spese degli altri?
E' un tema delicato, complesso, non si cambiano le proprie abitudini dall'oggi al domani ma non per questo dobbiamo continuare in questo modo.
Ecco, in sintesi sono questi i ragionamenti che ho iniziato a fare.
Non posso dire di aver smesso completamente, al 100% di acquistare vestiti, oggetti o altro solo perché costano poco, è una di quelle abitudini dure a morire ma almeno sono consapevole.
Quando non mi faccio trasportare dall'acquisto compulsivo, cerco di acquistare solo ciò che realmente mi serve. Possibilmente di qualità così che duri a lungo.
Scegliendo il fatto a mano ogni volta che posso, perché questa è la realtà che voglio sostenere e di cui voglio far parte.
Già da un pò ho smesso di acquistare stoffe che non rispettavano la mia idea di eticamente sostenibili. Ho scelto altri fornitori, ho avuto spese più alte ma più alta è stata anche la soddisfazione di contribuire con le mie scelte alla possibilità di migliorare il mondo in cui vivo.
Anche per queste ragioni, ho deciso di iniziare a creare abbigliamento.
Per quelle come noi, che amano il nero, uno stile un pò goth, rock e dark non è semplice trovare maglie e vestiti hand made in Italy. Il mercato del fatto a mano in Italia è ricco di artigiane fantastiche, bravissime ma usano troppi colori e fantasie di fiori, che mi piacciono ma che non indosserei neanche sotto tortura!
Diciamo anche che anni fa, ho avuto una terribile esperienza lavorativa, assolutamente non paragonabile a quella del Rana Plaza ma simile e questa situazione la vivo in un modo molto particolare.
La Fashion Revolution ti chiede di farti domande, di essere consapevole delle tue scelte e di far arrivare il suo messaggio a più persone possibili.
Compra meno, scegli meglio e fa che duri a lungo. E se lo dice Vivienne!!

Il manifesto qui sopra lo puoi salvare, stampare e appendere perché non si diventa consapevoli in un giorno, serve tempo.
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Nicoletta ☽